Livio Felluga, Abbazia di Rosazzo visita e pranzo con Maurizio Felluga


Livio Felluga, Abbazia di Rosazzo visita e pranzo con Maurizio Felluga
Livio Felluga, Abbazia di Rosazzo visita e pranzo con Maurizio Felluga
Siamo nella metà degli anni ’50, la legge che introduce le denominazioni d’origine in Italia è del 1963, la prima DOC in Friuli del 1967. La necessità di comunicare la zona d’origine dei propri vini. Ecco quindi l’idea di “vestire” il vino con la sua “carta d’identità”, facendo di una antica mappa dei territori di produzione l’etichetta: la nascita dei “Vini della Carta Geografica”.
Quest’ulteriore intuizione, oltre che soddisfare una necessità, grazie alla sua originalità ha permesso di ottenere una riconoscibilità fortissima, elemento vincente tra il turbinante proliferare di nuove etichette alla quale si è assistito nei lustri a venire. @liviofelluga

 

Nome unico nel panorama produttivo italiano, nonché simbolo stesso di una regione e dei suoi vini, è facile intuire quanto la storia di Livio Felluga si intrecci con quella di tutto un territorio. Una storia, questa, che ha come protagonista una famiglia sopravvissuta a due guerre mondiali, la quale ha assistito al cambiamento dei confini intorno a sé, per poi decidere di stabilirsi sui dolci contrafforti delle colline del Friuli. È qui che, non lontano da Cormòns in provincia di Gorizia, Livio Felluga dovette intraprendere una nuova battaglia per far risorgere la collina, convinto che solo la rinascita della coltivazione di qualità poteva riportare la vita nella campagna friulana. Con grande coraggio cominciò a risistemare i vecchi vigneti e a impiantarne di nuovi, introducendo idee e metodi innovativi. Un lavoro duro, fatto di caparbietà e passione, che lo porteranno nel corso degli anni a creare una delle più belle e significative realtà aziendali della Penisola, acquisendo a pieno diritto il titolo unanimemente riconosciutogli di rifondatore della tradizione vitivinicola friulana.
Attualmente l’azienda può contare su una vasta superficie vitata, che dalla denominazione del Collio fino ad arrivare a quella dei Colli Orientali del Friuli, copre circa 155 ettari. In vigna, le varietà che si incontrano sono sia autoctone che internazionali, per cui abbiamo il friulano e il pinot bianco, lo chardonnay e la ribolla gialla, il sauvignon blanc e il pinot grigio, il picolit e il refosco, il pignolo e il merlot. Uve che sono trasformate in quelli che vengono ormai chiamati come i “vini della carta geografica”, da sempre riprodotta in etichetta e raffigurante una vecchia mappa dei poderi aziendali.
E allora ecco prendere vita il “Vertigo”, il “Nuaré” e lo “Sharis”, poi via via tutti gli altri, fino ad arrivare al “Terre Alte”: vini figli di una cantina che ancora oggi brilla per la qualità e per il carattere territoriale che riesce a esprimere, vera e propria ambasciatrice dei migliori bianchi friulani – e quindi italiani – in tutto il mondo.

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